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Orienta Chimica

La Chimica e lo sviluppo sostenibile

La storia dell'umanità è segnata da eventi che le hanno impresso svolte importanti. Quanti di noi hanno presente come lo sviluppo del processo industriale per la sintesi dell'ammoniaca abbia profondamente inciso sulla qualità della vita nel XX secolo? Le curve qui in basso fanno vedere l'andamento parallelo tra produzione di ammoniaca e popolazione mondiale. Dietro l'impennata delle curve possiamo leggere le centinaia di milioni di persone strappate alla morte per fame grazie ai concimi agricoli di sintesi, derivati dall'ammoniaca. Per buona parte del XX secolo il binomio chimica-progresso sembrava inscindibile.

 

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Crescita della produzione di ammoniaca e della popolazione mondiale a confronto. L’andamento parallelo delle due curve indica quanto un semplice composto chimico come l’ammoniaca (NH3) abbia contributo alla crescita della popolazione mondiale. Le piante per crescere hanno bisogno di azoto che viene sottratto al terreno. La fertilità dei terreni può essere reintegrata da sostanze azotate, quali il nitrato di sodio, presente soprattutto in Cile. Alla fine dell’ottocento la dipendenza dai nitrati cileni rallentava lo sviluppo economico e agricolo europeo. Oltre che come concime i nitrati erano importanti per la fabbricazione degli esplosivi, dalla polvere da sparo al tritolo, e per la produzione dell’acido nitrico richiesto dalla nascente industria delle sintesi organiche di coloranti e medicinali. In quegli anni nasce la chimica dei fertilizzanti. Cavendish fu il primo che riuscì, nel 1781, a fissare l’azoto atmosferico. Il processo consisteva nel fare attraversare l’aria da un arco elettrico ad alto voltaggio ottenendo ossidi d’azoto, ma richiedeva grandi quantità di energia e risultava quindi molto dispendioso. Haber e Bosch trovarono una soluzione diversa, sintetizzarono l’ammoniaca a partire da azoto e idrogeno in presenza di un catalizzatore eterogeneo a base di ferro. Il maggior problema legato alla sintesi dell’ammoniaca è rappresentato dalla difficoltà nello scindere il legame triplo che tiene uniti i due atomi di azoto nella molecola di N2. Le elevate temperature, necessarie per accelerare la cinetica di reazione, non favoriscono termodinamicamente la reazione di sintesi che diventa sfavorita ad alta temperatura. La scoperta e il successivo perfezionamento del sistema catalitico adoperato da Fritz Haber e Carl Bosch ha permesso di poter utilizzare temperature di esercizio sensibilmente minori.

 


Più vicino a noi, nella vita di tutti i giorni, ci è diventato familiare un reattore chimico che si preoccupa di rendere più innocui i gas di scarico dei motori a scoppio: la marmitta catalitica. Qui lo vediamo trasformare il letale monossido di carbonio in anidride carbonica.

 

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La marmitta catalitica ha il compito di convertire, per mezzo di reazioni chimiche nelle quali sono impegnati metalli nobili come il platino, il palladio e il rodio, alcune sostanze dannose in altre innocue. Nei gas di scarico delle autovetture sono presenti tre tipi di sostanze particolarmente nocive alla salute dell’uomo: monossido di carbonio, idrocarburi incombusti e ossidi di azoto. Il catalizzatore vero e proprio consiste in un supporto monolitico a nido d’ape che, per poter resistere al calore interno sviluppato dalle reazioni chimiche, è in ceramica o in fogli metallici di acciaio, intersecati tra loro. Questa struttura alveolare, di superficie estesissima e altamente porosa, è impregnata con una miscela di sostanze che accelerano la decomposizione chimica delle sostanze nocive dei gas di scarico. Sono proprio i gas di scarico che, attraversando le celle del nido d’ape a temperature superiori a 300-350 gradi, attivano i catalizzatori avviando le reazioni di ossidazione e riduzione: il palladio e il platino provocano l’ossidazione del monossido di carbonio e degli idrocarburi incombusti, convertendoli in anidride carbonica e acqua. Invece il rodio riduce gli ossidi d’azoto in azoto.